L’accento tedesco di American Horror Story

Jessica Lange in "American Horror Story: Freak Show".
Jessica Lange in “American Horror Story: Freak Show”.

La Germania di Weimar è simbolo di perversione sessuale e decadenza morale anche in American Horror Story.

La divisione antologica di alcune delle più recenti serie televisive americane sembra essere effettivamente un ottimo metodo per macinare molteplici stagioni, accomunate da un titolo e da un filo conduttore, ma partendo sempre da zero, senza annoiare il pubblico con improbabili ramificazioni della trama principale.

American Horror Story è, appunto, tra le serie antologiche: a una prima stagione sul tema delle case infestate (2011), ha fatto seguito una seconda ambientata in un sinistro manicomio (2012-2013), quindi una terza dedicata alle moderne streghe (2013-2014) e, quest’anno, una quarta i cui protagonisti sono i fenomeni da baraccone dei Freak Show americani della prima metà del Novecento.

Se il fil rouge è il genere horror – i cui luoghi comuni sono reinventati con tocchi spesso deliziosamente camp -, esistono anche elementi che attraversano tutte le quattro stagioni. Il principale dei quali è senza dubbio l’attrice Jessica Lange.

In American Horror Story: Freak Show, la Lange interpreta Elsa Mars, la crudele direttrice, aspirante Marlene e poco talentuosa primadonna dello spettacolo itinerante, il cui marcato accento tradisce la provenienza tedesca. Nel corso delle puntate scopriamo sempre maggiori dettagli sul suo passato, ma quella andata in onda negli Stati Unito lo scorso 29 Ottobre – dal titolo Edward Mordrake (Part 2) – ha destato parecchio il nostro interesse.

Chi non ha avuto ancora l’occasione di vederla, può terminare la sua lettura qui, perché nelle prossime righe ci sarà quale piccolo spoiler.

Un allusivo fotogramma dell'episodio di "American Horror Story: Freak Show".
Un fotogramma dell’episodio di “American Horror Story: Freak Show”.

Nei due flashback presenti nell’episodio scopriamo come Fraulein Mars fosse attiva nella Germania di Weimar in veste di dominatrice e attrice porno. I circa 5 minuti totali delle due sequenze sembrano un condensato di quanto descritto da Mel Gordon nel suo Voluptuous Panic. The Erotic World of Weimar Berlin (Feral House, 2000), sia in termini visivi che sonori.

Elsa racconta come ci fosse «il caos del sesso. Tutto il dolore e l’umiliazione della resa della Germania, la rabbia. Prima che Hitler li spingesse verso un’altra guerra, i tedeschi esprimevano la loro miseria con i loro cazzi. Si poteva soddisfare ogni devianza immaginabile. Animali, escrementi, mutilati, gobbi…»

Il personaggio sullo sfondo, di spalle, porta lo stesso copricapo di un costume di scena del ballerino Sebastien Droste.
Il personaggio sullo sfondo, di spalle, porta lo stesso copricapo di un costume di scena del ballerino Sebastien Droste.

Al di là di come poi prosegue il racconto, rileviamo come, ancora una volta, l’immaginario della Repubblica di Weimar veicolato dai media americani sia limitato a elementi di perversione sessuale e decadenza morale. La Germania come culla della prima cultura autenticamente moderna, luogo di sperimentazione artistica, terra di speranze civili e sociali, viene sempre lasciata fuoricampo. Così come i suoi veri protagonisti. Dove sono, per esempio, Albert Einstein, Martin Heidegger e Edmund Husserl? Naturalmente non è pensabile che vengano citati nel contesto di American Horror Story, ma è chiaro come, nella stragrande maggioranza dei casi, il racconto pop americano preferisca sempre lasciare spazio alle prostitute e alle maitresse, ai nazisti sadici e a quelli masochisti.

Questa di AHS non è un’occasione persa, perché è comunque evidente il certosino lavoro dei creatori della serie, Ryan Murphy e Brad Falchuk, che riempiono la storia di Elsa di riferimenti sapidi e corretti al Kabarett e all’intrattenimento del tempo, come un personaggio vestito con un costume di scena Sebastian Droste e il sottofondo della canzone Was Lachst Du, Was Weinst Du di Magda Schneider. Ma è, purtroppo, solo l’ultima delle innumerevoli volte in cui si è parlato solo degli aspetti più oscuri della Germania di Weimar, tacendo dei più luminosi.

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