Un giorno, un giornalista del Times scrisse che «chi vuole conoscere Berlino deve vedere la Porta di Brandeburgo, uno spettacolo di Max Reinhardt e, infine, Claire Waldoff».
Attrice e cantante, la Waldoff fu una delle più amate artiste tedesche di cabaret della prima metà del Novecento. Fin dal suo esordio nella capitale, incarnò un personaggio ben definito: una donna della classe operaia, poco femminile, un po’ volgarotta, che cantava canzoni umoristiche (ma non solo) facendo spesso uso del dialetto.
Pur non essendo berlinese (nacque infatti a Gelsenkirchen), la Waldoff seppe incarnare sul palco il più puro spirito popolare degli abitanti della capitale tedesca, quello che si può riassumere con “Schnauze und Herz” (letteralmente: muso e cuore): un atteggiamento ruvido e aggressivo che, sotto sotto, nasconde un animo socievole e disponibile. Un luogo comune, forse, ma del quale gli stessi berlinesi vanno fieri.
Il momento di maggiore celebrità dell’artista fu negli anni ’20: richiestissima su ogni palco, dai piccoli cabaret alle riviste del Wintergarten, divenne anche un modello di emancipazione. Claire Waldoff, infatti, era apertamente lesbica e, con la sua compagna Olga von Roeder, formava la coppia di riferimento della comunità omosessuale di Berlino.
La città che l’accolse e le diede il successo fu, come abbiamo detto, la sua principale fonte d’ispirazione. I luoghi, le persone, le abitudini, i vezzi, il gergo della capitale furono spesso i protagonisti del suo vastissimo repertorio.
Claire Waldoff cantava in modo umoristico gli ambienti dei quartieri popolari, i cortili, le strade, ma anche le zone del centro con i loro divertimenti, spesso con riferimenti geografici ben precisi fin dal titolo, come nel caso di Wenn’s duster is im Friedrichshain (Se a Friedrichshain è buio, di Walter Mendelssohn, 1925) e di In Berlin auf dem Kurfürstendamm, (A Berlino sulla Kurfürstendamm, di Willy Prager, 1924).
Anche quando i mille elementi legati alla città non erano in primo piano nelle canzoni, ricoprivano comunque un ruolo; come nel caso di Nach meine Beene is ja janz Berlin verrückt (musica di Walter Kollo e liriche di Hardt, 1911), nel cui testo racconta che «tutta Berlino è pazza delle mie gambe»: un brano registrato in modo spiritoso anche da Marlene Dietrich, ma che cantato dalla Waldoff diventa assolutamente dissacrante.
L’artista parlava delle piccole storie di gente qualunque, ma anche delle qualità degli abitanti della periferia, sempre raccontate in modo bonario. Wat braucht der Berliner um glücklich zu sein? (Di cosa ha bisogno un berlinese per essere felice, musica di Fritz Paul, liriche di Werner Hassenstein, 1928) spiega che alla gente semplice basta «ne Laube, ne Zaun und ne Beet, […] ne heurigen Wein, wenn vor Ihm sein Weibsbild steht» («un pergolato, una staccionata e un letto, […] un vino novello, se davanti a lui c’è la sua donna»).
Conosceva bene la sua gente, Claire Waldoff; tanto che Kurt Tucholsky la descrisse come un uccello che dall’alto vede (e capisce) ciò che accade: «Sie singet, wie der berliner Spatz singt, unbekümmert, frech» («Canta, come il passero berlinese canta, indifferente, impertinente»; tratto dal settimanale “Die Schaubühne”, 23 ottobre 1913, n. 43, pag. 1044).
Tra i diversi brani che Claire Waldoff dedicò alla sua città, ne scegliamo uno in particolare, forse il più immediato, che in poche “pennellate” al contempo ironiche e affettuose, schizza un sapido ritratto della capitale tedesca, con un breve e speranzoso riferimento alla situazione politica del tempo: Es gibt nur ein Berlin (musica di Willi Kollo, testo di Willi Kollo e Hans Pflanzer, 1932).
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Es gibt nur ein Berlin
Einstmals zwischen Moor und Torf
Stand ein altes Fischerdorf
Klein aber kess
Stets voll Noblesse
Allbeliebt war’s weit und breit
Wgen der Bescheidenheit
Das war Berlin
Zauberstadt Berlin
Wir brauch‘n uns gar nichts vorzugaukeln
Von dem berühmten Wiener Charme
Wir werd’n det Kind, det Kind schon schaukeln
Wir nehm‘ euch alle auf den Arm
Es gibt nur ein Berlin
Und das ist mein Berlin
Hält uns auch keiner für normal
Das ist uns alles ganz egal
Solang die Welt sich dreht
Solang die Zeit vergeht
Solang die Bäume im Frühling erblühn’
Gibt es nur ein Berlin
Von der Isar bis zum Rhein
Gibt es hundertzwölf Parteien
Täglich, Juhu
Kommt eine dazu
Keiner weiß mehr was er ist
Nazi oder Kommunist
Das ist Berlin
Zauberstadt Berlin
Doch wenn verzweifelt uns‘re Lage
Weil der Parteienstreit nicht ruht
Dann hält Berlin, Berlin die Waage
Und bringt uns alle unter’n Hut
Es gibt nur ein Berlin…
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C’è solo una Berlino
C’era una volta tra la palude e torba
Un antico villaggio di pescatori
Piccolo ma molto attivo
Sempre pieno di signorilità
Apprezzato ovunque
In virtù della sua modestia
Questa era Berlino
La magica città di Berlino
A noi non serve
Il famoso fascino viennese
Noi ce la faremo, in qualche modo ce la faremo
A prendervi per il naso
C’è solo una Berlino
E questa è la mia Berlino
Ci avete preso per gente strana
Ma a noi non importa
Finché il mondo gira
Finché il tempo passa
Finché gli alberi fioriscono in primavera
C’è una sola Berlino
Dal fiume Isar al Reno
Ci sono centododici partiti
Ogni giorno, yu-hu
Se ne aggiunge un altro
Nessuno sa più quello che è
Nazista o comunista
Questa è Berlino
La magica città di Berlino
Ma se la nostra situazione è disperata
Perché le lotte dei partiti non cessano
Berlino mantiene l’equilibrio
E riconcilia tutti quanti
C’è solo una Berlino…
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