“Cabaret” torna a Broadway

Alan Cumming nel ruolo dello Emcee nella versione di Sam Mendes del musical "Cabaret".
Alan Cumming nei panni dello Emcee del musical "Cabaret", nella versione di Sam Mendes.
Alan Cumming nei panni dello Emcee del musical “Cabaret”, nella versione di Sam Mendes.

Nel 1939, l’inglese Christopher Isherwood pubblicò un libro (Goodbye to Berlin), da cui nel 1951 venne tratta una pièce (I Am a Camera, di John van Druten), che nel 1955 diventò un film (stesso titolo, diretto da John Collier), originando nel 1965 il musical  teatrale Cabaret (di Harold Prince), che nel 1972 fu trasposto al cinema dal regista Bob Fosse con protagonista Liza Minnelli.

Negli anni successivi furono messi in scena diversi revival del musical, tra cui il più rilevante risale al 1993. In quell’occasione, il regista Sam Mendes decise riprendere il lavoro originale senza farne un revival in senso stretto, bensì considerando alcuni elementi del film e aggiungendo la sua impronta autoriale all’opera. Il risultato fu un successo, prima a Londra, poi a New York, anche grazie all’interpretazione di Alan Cumming in veste di Emcee, ruolo reso famoso nel passato soprattutto da Joel Gray.

Dal 21 marzo 2014, il Cabaret di Sam Mendes tornerà a Broadway ancora con Cumming e Michelle Williams nel ruolo di Sally Bowles. Chi non potrà godersi lo show allo Studio 54, dovrà accontentarsi di vedere in tv e sul web gli estratti che, supponiamo, saranno messi in scena durante la 68a cerimonia di premiazione dei Tony Awards, l’8 giugno 2014 al Radio City Music Hall.

Joel Grey e il cast di "Cabaret" nel 1966.
Joel Grey e il cast di “Cabaret” nel 1966.

L’argomento ci interessa per due ragioni. La prima è che, piaccia o meno, questo resta il più famoso (l’unico?) spettacolo ad aver reso protagonista uno degli intrattenimenti più in voga nella Berlino degli anni ’20. La seconda riguarda il contributo che il suddetto spettacolo e il relativo film hanno dato al perpetrarsi dello stereotipo del cabaret berlinese come luogo decadente e ambiguo.

Se nel romanzo (ispirato alla sua reale esperienza) di Christopher Isherwood il cabaret era un luogo citato quasi incidentalmente, dal musical teatrale del ’65 venne messo in primo piano – tanto da avere l’onore del titolo – in quanto sorta di metafora del controverso periodo storico in cui è ambientata la vicenda. Questo aspetto venne sottolineato dalla versione cinematografica che, grazie all’eccezionalità artistica dell’opera e alla riproducibilità tecnica del supporto, consegnò al pubblico una visione distorta – per quanto conturbante – di ciò che era effettivamente il cabaret berlinese ai tempi della Repubblica di Weimar.

Christopher Isherwood (Foto: ullstein)
Christopher Isherwood (Foto: ullstein)

Intendiamoci, lo spettacolo teatrale e il film possono essere “colpevolizzati” fino a un certo punto: come abbiamo scritto in un’altra pagina del nostro sito, l’equivoco nacque ben prima di Cabaret, per mano dei nazisti, i quali dipingevano come ambienti corrotti quei locali in cui si esibivano artisti contrari alla loro politica (e in cui, talvolta, si effettuavano attività antinaziste), per avere quindi il pretesto per farli chiudere. Negli anni successivi, anche gli americani avrebbero sfruttato lo stereotipo per allargarlo un po’ su tutto il mondo tedesco.

D’altra parte, le cronache del tempo testimoniano effettivamente una notevole libertà sessuale e di costumi, un vitale desiderio di esperienze estreme, l’abuso di alcol e stupefacenti, in feste private, club ma anche locali pubblici.  Eppure, spiega Walter Laqueur, «a Berlino non vi era più “dolce vita” di quanta ve ne fosse in altre capitali, ma qui era più pubblicizzata» (La Repubblica di Weimar. 1918-1933. I mali oscuri della democrazia europea, BUR, 1979). Questo nostro sito, Kabarett.it, fa riferimento anche a personaggi fuori dagli schemi come Anita Berber e a luoghi non per tutti come l’Eldorado, ma la scena del cabaret nella Berlino di quegli anni è anche altro.

Allo stesso altro, soprattutto, è dedicato il nostro sito.

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